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Potsdamer Platz: Germania, Europa:
Modello Germania e crisi europea
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Cent’anni fa la Germania dichiarava guerra al resto d’Europa. Settantacinque anni fa invadeva la Polonia. Venticinque anni fa cadeva il Muro di Berlino. Per comprendere la storia dell’ultimo secolo bisogna volgere lo sguardo a Berlino, perché la storia d’Europa è la storia dell’egemonia tedesca nel Vecchio Continente. Del ruolo della Germania in Europa se ne occupa Angelo Bolaffi nel suo fortunato pamphlet Cuore tedesco. Il modello Germania, l’Italia e la crisi europea(Donzelli) che verrà presentato oggi alle 18 alla Libreria Liberrima. L’autore, filosofo della politica e profondo conoscitore della cultura e della politica tedesche, già Direttore dell’Istituto italiano di cultura a Berlino, sostiene una tesi controcorrente: tocca alla Germania esercitare con saggezza e lungimiranza la leadership poiché egemonia è cosa diversa da dominio. Oggi è possibile sostenere che l’Europa si germanizza nella misura in cui la Germania si è completamente e convintamente europeizzata.
La questione di fondo è vecchia e nuova: Dobbiamo aver paura della Germania europea? Naturalmente no, afferma Bolaffi. La nascita della Repubblica Federale Tedesca nel 1949 e la riunificazione nel 1990 sono nel segno dell’Europa. La Germania è un modello per solidità economica, cultura della stabilità e relazioni commerciali. Eppure il resto d’Europa guarda a Berlino con un misto di ostilità e invidia perché la via tedesca alla crescita (rigore finanziario, pochi debiti, bassa disoccupazione e export) ha marcato una differenza abissale con il resto d’Europa. È così tornata d’attualità l’annosa questione tedesca che con la riunificazione della Germania si pensava fosse definitivamente archiviata. La crisi dell’Euro l’ha riproposta in termini nuovi. Non è più volontà di potenza o, come dopo la seconda guerra mondiale, nel segno del basso profilo. Oggi la Germania si è scrollata di dosso i complessi del passato e tutela i propri interessi senza esercitare una particolare leadership. È qui che si inserisce l’accurata analisi di Bolaffi tesa a dimostrare quanto sia importante per l’Italia e l’Europa riconoscere alla Germania il ruolo di Paese egemone (per forza demografica, economica e geografica). Scrive Bolaffi: “nell’odierna inedita costellazione geopolitica e geo-spirituale nel segno del mondo globale anche il termine egemonia ha conosciuto una metamorfosi, assumendo un significato differente, positivo. Oggi che l’Europa non è più il centro del mondo può per la prima volta unirsi non contro qualcuno ma per qualcosa. Ma questo difficilmente avverrà se la Germania farà mancare il suo impulso propulsivo, la sua volontà politica e la sua egemonia.”Il paradosso tedesco in Europa è che abbiamo fatto l’Euro per arginare la Germania ma è diventato il suo trampolino di lancio. Dopo la caduta del Muro di Berlino la Thatcher, Mitterrand e Andreotti vedevano nell’Euro il miglior sistema di contenimento della Germania. In altre parole la moneta unica fu il pegno che Berlino pagò per la propria riunificazione. Un sacrificio considerevole perché il Marco era considerato dai tedeschi come il simbolo della rinascita dopo la disfatta della seconda guerra mondiale. D’altronde è vera la frase dell’ex Presidente della Commissione europea Jacques Delors: non tutti i tedeschi credono in Dio ma tutti credono nella Bundesbank. Che fare dunque con la Germania? Secondo il Premier italiano la Germania resta un modello. Ma Renzi, che ha riallacciato le relazioni italo-tedesche dopo anni di estraniazione strisciante, ha anche ricordato che ora l’Europa va cambiata e che l’austerità va superata. Avviare questo processo contro la Germania non solo è un errore, ma è illusorio. La strada da intraprendere è quella di un dialogo con Berlino perché la paura dell’egemonia tedesca è un ricordo di un passato che non c’è più. (Pubblicato su Il Nuovo Quotidiano di Puglia, 5 giugno 2014)twitter@uvillanilubelli
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