Il ruolo del trauma nell’etiopatogenesi del disturbo da accumulo

Il ruolo del trauma nell’etiopatogenesi del disturbo da accumulo

Il disturbo da accumulo (DA), o disposofobia (letteralmente “paura di buttare”), è definito dal American Psychiatric Association come la persistente difficoltà a eliminare o separarsi dai propri beni, a prescindere dal loro reale valore, in seguito alla percezione di un forte bisogno di conservare tali beni e/o al disagio associato alla loro eliminazione. Gli oggetti progressivamente invadono le zone di vita della persona fino al punto in cui la loro destinazione d’uso non è più possibile. In genere, la pulizia di tali aree è dovuta a interventi esterni e quasi mai della persona stessa. Il DA è relativamente comune. I sintomi di questa condizione variano da una normale tendenza all’acquisto e alla conservazione dei beni fino alla patologica declinazione che ingenera stress e impatta il funzionamento sociale in modo significativo. Nella loro versione clinica, i comportamenti di accumulo possono rappresentare seri rischi per la salute e la sicurezza delle persone, portando a condizioni igieniche pressoché minime, ferite, e gravi danni alle strutture abitative.

Riguardo all’etiopatogenesi, il modello maggiormente accreditato è quello bio-psico-sociale, in cui l’interazione fra geni e ambiente determina l’insorgenza e il mantenimento della psicopatologia.

La letteratura internazionale ha finora evidenziato il ruolo giocato, a vari livelli, dall’espressione genica, dai neurotrasmettitori, come dopamina e serotonina, dalle strutture anatomiche, quali aree limbiche sottocorticali e corteccia prefrontale ventromediale; oltre a ciò, è stato delineato, anche se non in modo accurato, il profilo cognitivo specifico dei soggetti accumulatori, con un evidente coinvolgimento della memoria, attenzione e delle principali funzioni esecutive.

In termini di rischio psicologico per sviluppare il disturbo da accumulo ci sono crescenti evidenze che dinamiche disfunzionali durante l’età dello sviluppo e tale disturbo risulta essere collegato, nella maggior parte dei casi, ad eventi avversi.

Il trauma può essere concettualizzato come un evento non comune, soverchiante le capacità di adattamento dell’individuo, che innesca forti sintomi di disagio nella maggior parte delle persone, dovuti alla percezione di un imminente pericolo o minaccia di morte per se stessi e/o per gli altri (American Psychiatric Association)

Molti studi hanno evidenziato il ruolo del trauma nell’innesco e mantenimento dei sintomi di accumulo (Landau et al., 2011). Due studi hanno, infine, identificato una maggiore varietà e frequenza di traumi in soggetti con comportamenti di accumulo rispetto a un gruppo di controllo senza tali tratti (Hartl et al., 2005; Tolin et al., 2010). Przeworski et al. (2014) hanno evidenziato una correlazione significativa fra gli eventi traumatici occorsi prima dell’esordio del DA e la gravità dei sintomi di accumulo.

Un primo passo per guarire da questo disturbo potrebbe essere quello di gettare l’oggetto più piccolo, quello a cui si è emotivamente meno attaccati.