Dalla creazione dei corridoi umanitari in Italia e in Europa se ne sono dette di tutti i colori. Dalle idee di un vergognoso passato che ancora cerca di ricordarci chi fossimo stati, agli utili progetti per aiutare più persone possibile. Per allungare la mano (e talvolta anche il braccio) a tutti coloro che ne hanno necessità, indipendentemente dalla cultura o colore della pelle. A più di un anno di distanza dalla creazione dei corridoi umanitari si può affermare con certezza che l'integrazione sia molto meglio dei muri.
Già oggi è possibile vedere quei volti sorridenti di chi la guerra l'ha vista per davvero. Di donne e bambini che altrimenti sarebbero rimasti nei campi per i profughi siriani in Libano ancora per moltissimo tempo. Già oggi gli italiani possono comprendere il motivo per cui l'integrazione nella propria società sia la strada dell'aiuto e non del rifiuto. Alcuni degli scappati sono già in grado di parlare e capire l'italiano; altri ce la stanno mettendo tutta per trovare un lavoro e iniziare una nuova vita. Una seconda vita.
Grazie ai corridoi umanitari sono più di 1000 le vite salvate dal macabro passato e dalla possibile morte. Qui i rifugiati trovano opportunità che non hanno avuto in Siria e la loro presenza è dettata più da vari vantaggi che dalle difficoltà acclamate. E coloro che hanno ottenuto lo status di rifugiato hanno anche potuto mandare i propri figli alle scuole italiane, garantendo loro un futuro dignitoso e un'istruzione degna di quel nome.
Dalla creazione dei corridoi umanitari l'Europa ha saputo costruire ponti e realizzare delle solide opportunità per rendere l'Italia un posto migliore. Grazie alla realizzazione dei corridoi umanitari nel Mediterraneo sono stati tolti molti corpi ai mercanti d'uomini e alla morte stessa. Si è capito anche che è possibile affrontare il problema dell'immigrazione per mezzo della sicurezza, del progresso e dell'integrazione nella società. Un'integrazione che già oggi offre numerose possibilità per l'Italia stessa, fintanto che i profughi non sono un peso, bensì una risorsa.
Grazie all'impegno di piccole comunità religiose come la Comunità di Sant'Egidio fondata nel lontano 1968 da Andrea Riccardi, l'arrivo dei rifugiati in Italia viene regolarmente controllato. E i rifugiati stessi vengono valorizzati. Spesso si tratta di persone disperate con una o più lauree alle spalle che semplicemente vogliono smetterla di vivere con la paura delle esplosioni. In Italia è prevista un'accoglienza diffusissima in ben 17 Regioni. L'inserimento nella società delle risorse del Medio Oriente viene curato fin nei minimi dettagli. Vengono tenuti in conto sia gli aspetti personali dei rifugiati, tra cui la loro età, il sesso, le competenze, che le esigenze delle realtà locali.
Lo Stato Italiano, pur partecipando ai processi d'integrazione, non spende soldi per i rifugiati, bensì li guadagna riconoscendo lo status dell'asilo politico e i dei visti umanitari utili per trovarsi nel Bel Paese. E in futuro, quando i rifugiati di oggi diventeranno capaci di ricoprire dei lavori di rilievo nella società italiana, il guadagno dello Stato sarà ancora più alto.
Si potrebbe, certamente, dire che questo non basti. Che l'integrazione studiata nei minimi dettagli sia insufficiente e che ergere muri sia meglio che abbatterli. Eppure, dati alla mano, i risultati dicono tutt'altro. Basti pensare che presto il modello italiano verrà utilizzato anche dagli altri Paesi, come la Francia. Perché l'integrazione funziona, perché essa permette di crescere e di far crescere, perché tra un paio d'anni i muri cadranno e perché tutti hanno diritto alla vita. Una vita vera.