Altroconsumo segnala Google e Apple all’Antitrust per gli acquisti in-app delle applicazioni mobile per smartphone
Usare il cellulare è ormai un’abitudine che rientra nelle attività quotidiane delle persone. Acquistare uno smartphone incluso nella tariffa, poi, è sempre più economico grazie alle offerte in abbonamento di Vodafone, Tim o Wind. Questi strumenti hanno svariate potenzialità e permettono di rimanere collegati alla rete costantemente e di sfruttare migliaia di servizi offerti tramite le applicazioni mobile. Su internet, inoltre, risulta molto semplice informarsi sugli smartphone migliori del mercato e farsi guidare da pareri esperti e a portata di clic.
Trovare la migliore offerta per smartphone, quindi, è un buon inizio per poter pensare in un’ottica che mira al risparmio e alla completezza dei servizi da sfruttare. Su internet, inoltre, si possono confrontare le tariffe più convenienti e in caso di problemi ci si può rivolgere all’Agcom e cioè l’Autorità di garanzia sulle comunicazioni.
Per navigare su internet con lo smartphone appoggiarsi ad una rete adsl è sicuramente consigliato ma se si dovesse avere la necessità di scaricare un’applicazione con l’aiuto della propria connessione 3G o 4G avere una tariffa vantaggiosa sarebbe sicuramente un vantaggio.
Ad ogni modo, le tariffe telefoniche non sono le uniche da tenere sotto controllo perché adesso anche le applicazioni che scarichiamo come gratuite possono nascondere pagamenti involontari: è il caso delle app di Google Play o dell’Apple store.
Si chiamano acquisti in-app e sono quelli che si effettuano all’interno del gioco stesso offerto dall’applicazione e che questo rende necessari per poterlo proseguire: peccato però, che l’applicazione era stata pubblicizzata come gratuita.
Altroconsumo, l’associazione a favore dei consumatori, ha infatti denunciato i due grandi colossi all’Antitrust perché considera questa pratica commerciale come aggressiva e vietata dal Codice del Consumo: il motivo principale risiede nel fatto che la maggior parte di queste app ludiche sono destinate ad un target molto giovane, come quello dei bambini.
Il rischio più grande è infatti quello che il minore acquisti queste componenti aggiuntive al gioco senza l’ausilio o ancora peggio, senza il permesso del genitore e che utilizzai automaticamente il credito nella carta collegata per effettuare le transazioni.
I due colossi sono stati chiamati in causa perché offrono la possibilità di acquistare le app dagli appositi store senza dover necessariamente reimpostare la password di sicurezza per un tot di tempo: in questo modo, qualunque app sarà scaricabile e pagabile direttamente dalla carta di credito abbinata.
Secondo il Codice del Consumo questa è “Una tecnica di manipolazione chiaramente illecita perché è compresa tra le pratiche commerciali considerate in ogni caso aggressive” e è considerata illecita anche quella di “includere in un messaggio pubblicitario un’esortazione diretta ai bambini affinché acquistino o convincano i genitori o altri adulti ad acquistare loro i prodotti reclamizzati”.
Questo mercato degli acquisti in-app frutta ad Apple il 30% degli incassi e l’80% per Google rispetto agli incassi del suo app store: ciò significa che i due colossi dovranno rispondere alla segnalazione fatta da Altroconsumo e alla convocazione della Commissione Europea.
Proprio a gennaio scorso, Apple aveva raggiunto un accordo con la FTC (Federal Trade Commission) per risarcire di 32,5 milioni di dollari le famiglie americane che avevano subito danni dagli acquisti in-app fatti dai loro figli a loro insaputa.