Quando si parla di terza età, spesso si tende a concentrarsi sulla salute fisica, sulle difficoltà motorie, sui farmaci da assumere e sulle patologie croniche da tenere sotto controllo.
Ma un aspetto spesso trascurato, e altrettanto fondamentale, è il benessere psicologico. Gli anziani affrontano un periodo della vita complesso, fatto di cambiamenti profondi: la perdita di persone care, la pensione, l’isolamento sociale, il calo delle energie, la riduzione delle autonomie. Tutti fattori che possono contribuire alla comparsa di disturbi dell’umore, ansia, depressione o senso di inutilità.
In molte città italiane – dal Nord al Sud – questo bisogno crescente ha portato all’attivazione dei servizi di assistenza domiciliare integrata, che non si limitano più solo al supporto sanitario, ma prevedono anche attenzione all’aspetto relazionale, affettivo e psicologico, soprattutto per gli anziani fragili e non autosufficienti.
Nord e Sud a confronto: due realtà diverse, ma uguali nelle emozioni
L’Italia è una delle nazioni con la popolazione più anziana d’Europa. Le persone con più di 65 anni rappresentano circa il 24% della popolazione.
Tuttavia, il vissuto degli anziani non è omogeneo sul territorio nazionale. Al Nord, in regioni come Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, è più frequente trovare una rete di servizi strutturata e accessibile: centri diurni, iniziative comunali, supporti domiciliari e progetti di socializzazione sono più diffusi e organizzati. Questo, però, non significa che la qualità della vita psicologica sia garantita: in contesti metropolitani frenetici come Milano o Torino, la solitudine emotiva può diventare ancora più intensa, soprattutto quando i figli lavorano molto o vivono lontani.
Nel Sud Italia, al contrario, il tessuto sociale è spesso più coeso. I legami familiari sono profondi, e le relazioni intergenerazionali più presenti. Nonostante ciò, il Sud paga lo scotto di un’offerta istituzionale più limitata, di meno centri specializzati e di minori risorse disponibili. In molti piccoli paesi della Campania, della Calabria o della Sicilia, gli anziani devono contare solo sulla famiglia o sul volontariato. La carenza di servizi dedicati al benessere psicologico rischia così di cronicizzare forme di malessere spesso invisibile e non adeguatamente trattato nella maggior parte dei casi.
La solitudine emotiva: il vero grande male della terza età
Ciò che accomuna gli anziani da Nord a Sud, però, è spesso la solitudine. Una solitudine che non sempre significa essere fisicamente soli, ma che si manifesta come vuoto emotivo, come mancanza di contatti autentici, di sguardi pieni di attenzione.
Chi ha perso il coniuge, chi ha figli lontani, chi ha amici coetanei ormai scomparsi o malati, vive ogni giorno in un tempo che scorre lento, silenzioso, spesso privo di stimoli. Questo tipo di solitudine può generare gravi ricadute: depressione, mancanza di appetito, disturbi del sonno, perdita del senso della vita. E, se non riconosciuta, può condurre lentamente al decadimento psico-fisico.
Anche chi vive in famiglia può sentirsi solo, se non ascoltato, se non coinvolto nelle decisioni, se considerato un peso. Il benessere psicologico, infatti, ha a che fare con il sentirsi ancora utili, rispettati, amati. Con il sapere che la propria voce conta, che la propria esistenza ha ancora valore per qualcuno.
La prevenzione del benessere psicologico negli anziani passa dall’ascolto e dalla relazione
È importante non aspettare che il disagio esploda per occuparsi della salute mentale degli anziani. La prevenzione comincia molto prima, con piccoli gesti quotidiani: una telefonata, una visita, una passeggiata, una chiacchierata a tavola.
Anche la partecipazione ad attività ludiche, culturali o ricreative è fondamentale. Centri anziani, biblioteche, circoli, parrocchie, orti sociali: ogni occasione per incontrare altre persone e condividere esperienze aiuta a mantenere viva la mente e il cuore.
Le iniziative di animazione, stimolazione cognitiva e laboratori creativi sono un ottimo strumento per rafforzare l’autostima e prevenire l’apatia.
Dove i servizi pubblici non arrivano, possono intervenire le associazioni locali, le cooperative sociali e gli stessi cittadini, costruendo reti solidali e progetti partecipati.
Famiglia, operatori e comunità: insieme per proteggere la salute psicologica degli anziani
La salute psicologica degli anziani non è un problema privato, ma collettivo. Riguarda tutti noi: figli, nipoti, caregiver, professionisti della salute e istituzioni. Ciascuno ha un ruolo importante.
I familiari possono garantire affetto e presenza (anche a distanza, grazie alla tecnologia), mentre gli operatori sanitari e sociali devono essere formati per riconoscere e gestire i segnali del disagio emotivo. E le istituzioni devono investire di più in progetti che integrino l’assistenza sanitaria con quella psicologica e relazionale.
I servizi di assistenza domiciliare integrata sono spesso una risposta concreta e moderna a questa esigenza: accanto alla gestione dei farmaci o dell’igiene personale, si affiancano interventi di compagnia, supporto alla comunicazione, ascolto empatico. È proprio a casa, infatti, che l’anziano si sente più sicuro. Portare il sostegno psicologico nel suo ambiente familiare significa agire con delicatezza e rispetto, nel momento giusto e nel posto giusto.
Del resto, parlare di benessere psicologico degli anziani significa guardare alla vecchiaia con occhi nuovi. Non più come una fase di declino, ma come un tempo da proteggere, valorizzare, accompagnare. Un tempo in cui le fragilità vanno accolte, e in cui anche le risorse vanno celebrate: la memoria, la saggezza, la capacità di raccontare storie e insegnamenti.
Serve un impegno condiviso, affinché ogni persona anziana, in ogni angolo d’Italia, possa sentirsi ancora parte del mondo, non dimenticata. Perché una società che si prende cura dei suoi anziani è una società che costruisce il futuro con dignità, amore e intelligenza collettiva.