La scuola, un ospedale che cura i sani e respinge i malati: a 50 anni da Don Milani, è ancora così?

La scuola, un ospedale che cura i sani e respinge i malati: a 50 anni da Don Milani, è ancora così?
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Una scuola che boccia è davvero una “buona” scuola? È questa la domanda che ancora oggi, a distanza di mezzo secolo dalla lezione di Don Milani, caratterizza il dibattito pubblico sull’insegnamento: il parroco di Barbiana paragonava la scuola ad un ospedale “che cura i sani e respinge i malati”, descrivendo il vecchio sistema scolastico come un piccolo microcosmo in cui le disuguaglianze sociali venivano replicate e perpetrate da un sistema esclusivo ed elitario. Molte cose sono cambiate dagli anni Cinquanta, ma la scuola ha iniziato davvero a curare anche i malati?

Quando si parla di scuola si ha a che fare con un sistema profondamente complesso che non si riduce soltanto alle ore di lezione o alle tanto temute interrogazioni: si tratta di un processo in cui ogni singolo aspetto, dal “cosa si insegna” al “come si impara” passando per il modo in cui si inizia a relazionarsi agli altri, può influire sul futuro dei singoli individui. In particolare la valutazione, ovvero il giudizio che l’insegnante è tenuto a fornire sul rendimento scolastico dell’alunno, è questione delicata: pedagogisti e psicologi sono concordi nel ritenerlo un elemento chiave del percorso scolastico che coinvolge fortemente l’affettività degli allievi, determinando in buona parte la qualità dei loro atteggiamenti nei confronti della scuola e delle loro possibilità future. È un processo complesso, che riguarda anche gli insegnanti: come valutare un alunno?

Negli ultimi anni il nodo attorno al discorso sulla valutazione si è stretto sempre di più: nel 2008 una legge ha ridefinito i parametri di giudizio reintroducendo, per la scuola primaria, la votazione in decimi e la possibilità di bocciatura. Nel 2017 moltissimi insegnanti si sono schierati contro questa scelta attraverso petizioni e appelli, mentre molti altri hanno continuato a sostenere la necessità, per una scuola che possa dirsi seria e funzionale, di affidarsi a questo sistema: la strada più giusta non è ancora stata individuata.

La bocciatura: quale utilità?

Nonostante il carattere di “eccezionalità” previsto dalla norma in materia di bocciature è necessario chiedersi quale potrebbe essere l’utilità, ai fini didattici e pedagogici, di una bocciatura in età così precoce. La bocciatura dovrebbe, a rigor di logica, avvenire nei casi ritenuti totalmente insufficienti sia dal punto di vista delle conoscenze acquisite sia da quello dell’atteggiamento nei confronti della scuola in generale: ma è davvero possibile recuperare eventuali “carenze” attraverso la ripetizione di un anno scolastico?

I motivi che possono concorrere all’insuccesso scolastico sono molteplici e non sempre di facile lettura: soprattutto nella scuola primaria i fattori più influenti sullo sviluppo del bambino sono ancora quelli della famiglia e dell’ambiente circostante. Ogni individuo ha una storia: storie di migrazioni, di esclusione sociale o di semplice superficialità nei confronti dell’importanza dell’istruzione che determinano fortemente il grado di inclusione nel sistema scolastico del singolo, senza contare gli innumerevoli casi di disabilità psichica o motoria. La valutazione in decimi riesce a rispecchiare tale complessità di situazioni in modo da restituire un quadro egualitario, formativo e di valorizzazione dell’individuo? È questa la domanda che molti si pongono.

La scuola non deve soltanto insegnare a leggere e scrivere. Soprattutto in età infantile essa ha il compito di aprire la strada verso la consapevolezza di sé e delle proprie possibilità, di iniziare quel lungo percorso, fatto non solo di nozioni e numeri, verso la formazione dell’individuo e del cittadino. È possibile assegnare un 5 o un 6 a questo percorso? E se durante questo cammino si dovesse incappare in una buca, compito della scuola è quello di insegnare come rialzarsi o di lasciare il malcapitato al proprio destino?

Fonte: La scuola, un ospedale che cura i sani e respinge i malati: a 50 anni da Don Milani, è ancora così?